
Lui è Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo, rimasto tetraplegico in seguito ad un incidente stradale. Fabiano non sopporta un’esistenza così passiva, una vita non più vita e così sceglie di morire in una clinica svizzera nel febbraio del 2017.
Con lui c’e’ Marco Cappato, politico ed esponente dell’associazione Luca Coscioni per la ricerca scientifica che decide di accompagnare Fabiano nel suo ultimo viaggio e di autodenunciarsi il giorno seguente. Dopo la sua denuncia la Procura di Milano lo accusa di aiuto al suicidio e così si apre un lunghissimo processo che è culminato nell’ordinanza della Corte di Assise di Milano che ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale per decidere sulla costituzionalità dell’art.580 codice penale secondo cui” chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima”.
La Corte Costituzionale riunitasi il 23 ottobre 2018 sospendeva il giudizio rinviando al 24 settembre 2019.
Finalmente pochi giorni fa la Consulta con una sentenza che sarà sicuramente una pronuncia storica ha chiarito che, differentemente da quanto sino ad ora previsto, l’aiuto al suicidio non è sempre punibile!
La Sentenza recita: “è non punibile a determinate condizioni chi agevola l’esecuzione del proposito del suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.
Questo però è possibile solo se:
• il paziente deve essere «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale»;
•deve essere «affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili»;
•deve essere «pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».
Per evitare rischi di abuso nei confronti delle persone “ vulnerabili” sono state inoltre fissate determinate condizioni e modalità procedimentali: rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua, nonché alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente.
Quindi sostanzialmente cosa cambia dopo questa pronuncia? Perché l’ho definita storica? Perché concretamente d’ora in poi in Italia si può aiutare una persona a morire senza rischiare di finire in carcere; sempre che quella persona abbia una malattia irreversibile, sia tenuta in vita da trattamenti medici di sostegno, abbia una patologia irreversibile che le provoca sofferenze fisiche o anche solamente psicologiche per lei intollerabili e che sia pienamente capace di decidere liberamente e consapevolmente. La verifica di queste condizioni spetterà esclusivamente alle strutture sanitarie pubbliche.
Resta invece un reato aiutare una persona a morire in tutte le altre circostanze.